Ieri non ho terminato quello che dovevo fare, così stamattina sono uscita di nuovo, destinazione Le Gru.
Finalmente qualche giorno di sole. Svegliarsi con la luce che filtra dalle ante di legno mi fa vedere tutta la coltre di pelo dei miei gatti che è sparsa ovunque, da poterci imbottire dieci cuscini al giorno, ma per quello basta l'aspirapolvere, perciò rimane solo il piacere di vestirsi con una nuvola leggera e iniziare la giornata.
La prima cosa che faccio quando salgo in macchina, è mettere la musica.
Parto e alzo il volume. Quando ascolto una canzone che mi piace non voglio che sia solo un sottofondo, e a volte non la lascio nemmeno finire tutta prima di rimetterla da capo, perché ci sono dei passaggi, o delle parole, che sono talmente belli in quel momento, che li voglio sentire psicopaticamente ravvicinati!
E poi mi piace cantare, e spesso continuo a farlo ancora anche scesa dall'auto.
Sono passata davanti ad un negozio e ho visto una cosa che non sto ad annoiare spiegandola. Tanto la "sottile" ironia la può apprezzare solo l'amica a cui ne ho inviato la foto.
Dico solo che ho dovuto imboccare la prima porta d'uscita perchè mi è preso un attacco di ridarola da non riuscire a fermarmi. Tenevo in mano il cellulare, facendo finta di leggerci qualcosa di esilarante, perchè sono arrivata ad imbarazzarmi da sola!
(Aiuto, sta ricominciando!! Dai! Pensa alla fame nel mondo, al ... ; ok, emergenza rientrata!)
Dopo sono andata a fare la mia commissione, che mi faceva ridere anche quella, e ha riso anche quello a cui l'ho commissionata, e poi il mio sorriso ed io siamo dovuti stare a zonzo in attesa che fosse pronta.
Non avevo minimamente voglia di infilarmi in qualche negozio a fare pretty woman, così mi sono rifugiata alla Feltrinelli.
Giorni fa avevo appena iniziato un libro che mi era piaciuto tanto già dalle prime pagine, ma che, grazie alla mia testa saldamente piantata sulle nuvole o all'occorrenza di c.zzo che dir si voglia, ho dimenticato dove non ho occasione di tornare.
Chiedo se ne hanno una copia. E' l'ultima rimasta, mi ha reso contenta trovarla.
E' il terzo libro che leggo (Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve) di uno scrittore dell'Europa del Nord.
Io ho i miei periodi nella lettura, ho avuto quello di Stephen King, quello di Shakespeare, quello di Fenoglio, quello di Gianni Farinetti (tra l'altro fratello del mio prof. di Filosofia delle Superiori per cui avevo una megacotta, e autore di un libro che avevo recensito per il premio Grinzane Cavour vicendolo; anche se devo dire che mentre leggevo il mio commento ad alta voce davanti alla giuria pensavo: che latte alle ginocchia, ma ho scritto io sta cagata?! Bo? Magari ce ne si accorge solo alla seconda o terza rilettura! ), quello di Wilbur Smith, quello di Hemingway, mini periodo Zafòn, poi di periodi veri e propri direi basta.
Questi scrittori nordici hanno un tratto comune che mi sconfiffera. Sono chiari e semplici (non banali).
Ho avuto per tanto tempo la mente occupata nella comprensione di assunti del tipo: 2+2 fa 5. E' così, se non lo capisci da sola sei scema, ti ho dato un foglio di carta e una matita senza punta per fare i calcoli, quindi devi riuscire ad arrangiarti.
Perciò dico: ottimo tutto ciò che è comprensibile senza spaccarsi il cranio.
Qualsiasi cosa è scritta nuda e cruda, ma rende lo stesso tante sfumature che fanno anche sorridere, altra cosa molto ben accetta. Es. : "Il ragazzo aveva soltanto quindici anni, ma alla Nitroglyceryn AB aveva appreso il necessario.
Allan si mise a sperimentare allegramente in una buca dietro casa: così allegramente che la mucca della vicina ebbe un aborto spontaneo a due chilometri di distanza."
Sfogliando qua e là prima di uscire, ho fatto suonare un libro per bambini di filastrocche in Inglese (e anche qui, per dissimulare, ho poi fatto finta di leggere le informazioni sul prodotto come se fossi stata interessata all'acquisto) e ho letto una frase di Sartre: "Sono condannato a vivere sempre al di là della mia esistenza, al di là dei moventi e dei motivi del mio atto; sono condannato ad essere libero".
Mentre stavo ancora aspettando su una panchina, leggendo il mio libro, ho ripensato a quella frase.
A cosa fosse per me la libertà e se mi sentissi una persona libera.
Nel tempo ho vissuto esperienze importanti che mi hanno fatto apprezzare certe convinzioni, certi ideali, certi valori, e da allora ho cercato, con la volontà, di applicarli sempre. Alcune volte non è stato facile, perché queste cose preziose per cui ho deciso di lottare, spesso si sono scontrate con la strada che sarebbe stata più semplice solo per me.
Ad oggi ho avuto prova che anche nelle condizioni più difficili e nelle situazioni peggiori, e cacchio se ne ho incontrate, ciò in cui credo non è una scelta doverosa, anche se sofferta, ma è l'unica cosa che sono in grado di fare.
Non c'è un'imposizione, io ormai sono ciò in cui credo e quindi si, sono una persona autenticamente libera e libera nella sua autenticità.
E questo se fino a poco tempo fa mi rendeva pessimista sul futuro, perchè mi fa scontrare con realtà e persone divergenti da me, ora mi lascia serena, perchè mi ha insegnato che per continuare a sentirmi libera di ciò che sono e giustamente soddisfatta di questo, semplicemente non devo tenere vicine cose o persone, per seguire le quali, io debba avvilire me stessa o il mio pensiero.
Alla fine del giro sono tornata a casa col mio libro, la mia commissione divertente, e una margherita regalata. Avrei preferito una calla, che è il mio fiore preferito, comunque amo tutti i fiori bianchi e soprattutto a caval donato non si guarda in bocca, anzi, si ringrazia.
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