giovedì 22 settembre 2011

La telefonata del mattino

Ante ancora chiuse, sarà una giornata di sole o plumbea? Chissà? C'è ancora un legame troppo tenero col perfetto tepore del corpo tra le lenzuola per scoprirlo subito. La mente è sveglia, ma la sveglia sonora non ha ancora suonato, battuta sul tempo che di li a poco e per tutto il giorno comanderà lui. Viene da sorridere, nel soddisfatto compiacimento di avergli soffiato il suo primato, per alcuni istanti lui è ancora nostro e non noi di lui. 
La prima telefonata... 

Priva di contenuti, solo due voci che vogliono incontrarsi per cullarsi fino al passaggio verticale. Come quando la mano segue il sellino di un bimbo che sta imparando ad andare in bici, lo accompagnerà per un piccolo tratto e lui si avvierà serenamente alla nuova esperienza perché quella presa sicura e dolce farà tutto per lui. E quando starà pedalando da solo non gli sarà nemmeno sembrato che la mano se ne sia  andata, lo stato di grazia sarà lo stesso.
 Bello se tutti potessimo avere quella telefonata del mattino che ci avvia amorevolmente alla pedalata. 

martedì 20 settembre 2011

Home, sweet home

Quei periodi di transizione, quando le femminucce sentono la voglia irrefrenabile di andare dal parrucchiere e fare un bel tagliando alla vecchia e non più rappresentativa criniera, e i maschietti, bo?, si fanno crescere i baffi?. La mia capigliatura poco si presta a cambiamenti drastici, ma quel senso di rinnovamento dovrà pure scaturire in qualcosa.
 La casa, la casa ci rappresenta moltissimo, dimmi com'è e ti dirò chi sei. Se sei un giovane adulto ed è piena di centrini e mobili di legno un po' retrò e i tuoi vestiti perfettamente lavati e stirati emanano uno stuzzicante effluvio di polpette e intingoli, significa che sei un mammone. Se quando entri le tue scarpe vorrebbero subito reincarnarsi in due pattine sterilizzate vuol dire che forse i padroni di casa sono un po' ingessati. La casa siamo noi  e può capitare di non sentirla più così accogliente se non segue i cambiamenti interiori di chi la abita.

 Ho guardato la mia e uno spirito da architetto per grandi spazi si è impossessato di me: questa stanza sarà tutta cabina armadio, questa la vorrei uno studiolo col parquet, questa... azz...,rimangono solo cucina e bagno, il letto a scomparsa starebbe meglio attaccato al frigo o alla cabina della doccia? Ecco che allora la mia casa mi sembra tremendamente piccola, tutti gli spazi occupati, assolutamente insufficiente a contenere tutto il mio slancio emotivo, tristezza, meglio rivalutare l'idea di affidarsi a un professionista della lacca mi son detta? Poi  è successo un fatto, ho momentaneamente tolto il tavolo dalla cucina (e il perché è un'altra storia) e boom! la mia casina mi è apparsa enorme, piena di opportunità, addirittura compatibili col fatto di avere comunque un piano orizzontale su cui nutrirmi.

A volte basta liberare gli spazi e la mente dalle cose ingombranti e superflue legate al passato e nascono nuove entusiasmanti possibilità.
Non servono certo grandi metrature o il maggior numero possibile di oggetti, per far percepire la casa come il proprio caratteristico nido, bastano cose semplici, basta un elemento portato da un viaggio speciale, un'immagine cara appesa alla parete, indizi inconfondibili del nostro percorso. E quando in quel nido facciamo entrare qualcuno a cui vogliamo svelare tutto il mondo che ci sta dietro, nuovi spazi si aprono dentro di noi.       

lunedì 19 settembre 2011

Ciao

Squilla il cellulare,non è una suoneria personalizzata quindi non è qualcuno che si sente proprio così spesso, chi sarà? Una vecchia amica, nel senso di un'amica da vecchia data, che per questioni logistico-geografiche non vedo, purtroppo, così sovente.                                 
 "Ciao sono vicina a casa tua, se sei in casa scendi per un caffè?" . Scendo si, anche con i bigodini in testa, che belle le cose estemporanee! Ci salutiamo,ma non con i soliti due baci sulle guance da madamine, un bell'abbraccio, siamo veramente contente di vederci, mica ci si può accogliere come se avessimo solo incontrato il ragionier Rossi. 

Entriamo in un bar dove campeggia uno di quei calendari con la foto della propria figlia/nipote, credo proprio la figlia della barista, si ravvisa una certa somiglianza...sarò cattiva ma certi bambini sono oggettivamente brutti, magari da grandi diventeranno stupendi,ma se ci si mettono pure i genitori ,a sottolineare quei lineamenti infantili un po' scarabocchiati ,con delle pettinature da caramelline zuccherose, non sono io la cattiva, vuoi proprio fare in modo che mentre scelgo il croissant una nota stonata suoni dentro di me e mi imponga di tradurre in pensiero ciò che poteva tranquillamente rimanere un segreto tra me e le mie rètine!
                     
 Ma comunque, la cosa che ci tenevo a evidenziare è che quando incontri una persona con cui nell'infanzia-adolescenza hai cementato un'amicizia vera, possono passare anni di silenzi e assenze ma quando ti rivedi hai la spontaneità che avresti con tuo sorella. Forse perché in quel momento non sono due adulte che si incontrano, ma quelle ragazzine spensierate che abitano ancora dentro di noi. Ciao Claudia,alla prossima.

Ode al gatto


Se vi capita, e amate i gatti, leggetevi l'Ode al gatto di Neruda

Kili e Brici

Infilo la chiave nella porta di casa sapendo che saranno lì, l'una che accorre alle ciotoline, l'altro coraggiosamente impaziente dalla sua postazione rialzata sul mobile dell'ingresso, oppure, a seconda dell'orario, sorpresi nel loro sonno gattoso di acciambellamenti pelosamente perfetti e topini di pezza, mosche, insetti da inseguire. 

Kili è il mio gatto, o più realisticamente io sono semplicemente la SUA tutrice. Brici è la gatta di Kili, arrivata dopo una consulta di sbadigli di noia e virili miagolii per affermare che era venuto il tempo di confrontarsi con una relazione seria, da gatto adulto che accetta di condividere tane e croccantini 

(eh si, facile gli ho detto io , quando si crede che quelli nascano per generazione spontanea appena si dà il via allo slalom tra le mie tibie), ma poco importa mi son detta, certe ingenuità mi confermano il tuo animo puro Kili, se ti fidi di me che ti conosco dalla punta della coda a quella dei baffi che quando eri cucciolo erano già così lunghi che si poteva usarli come segnalibro, avrai la tua micia.

domenica 18 settembre 2011

L'attesa

C'è una parte del nostro tempo che è una parte importante, che dovrebbe avere una dignità, dovrebbe essere riconosciuta col proprio nome, invece spesso è confusa nel fluire delle situazioni e non considerata di per se stessa; come se si saltellasse da un evento ad un altro di cui si è o ci si sente protagonisti e nel mezzo ci fosse il vuoto. E' possibile che esista una vita telegrafata? linea- spazio vuoto- punto- linea-linea- spazio vuoto?

 No, non c'è mai il vuoto, nemmeno quando dormiamo e alla nostra coscienza si sostituiscono i sogni. Ma quando siamo accesi che nome ha quello spazio che tralasciamo nelle cronache di una giornata, di una vita? Il suo nome è attesa. Al suo interno c'è il proprio io che si prepara ad accogliere qualcosa, con paura, con sollievo, con tristezza, con felicità. Quel qualcosa verrà perché si va sempre verso qualcosa, la progettualità esiste sempre, anche solo inconscia. E un nuovo progetto è figlio di un'attesa, di un desiderio, figli a loro volta di un progetto precedente.

 E' nato prima l'uovo o la gallina? Chissà? Certo è che l'uno non può essere senza l'altro. Forse, però, è proprio l'attesa che più ci parla di noi. Nell'attesa si manifesta ciò che si sente, possono comparire anche angosce o paure, ma sono solo ancelle scure e ferme. Nell'attesa, essenzialmente, si entra in contatto con la propria speranza che è l'unico vero motore, ciò che veramente si attende parla di luce e di domani, il resto non lo si attende, ce ne si vorrebbe allontanare. Nessuno vuole andare verso il buio, nessuno attende qualcosa che gli è indifferente. Per questo l'attesa ci parla di futuro, del futuro che vorremmo. Nell'attesa nasce il seme da cui poter germogliare noi stessi.