giovedì 20 novembre 2014

Sorridi, sennò non si vede l'apparecchio


Stazione della metro, quando si aprono le porte la tipa di fronte a me deve aver letto il mio labiale "ohmioddio" perché fa un sorriso di condiscendenza. La carrozza è straboccante di liceali di primo pelo. Posti a sedere zero, posti in piedi solo se sai giocare a tetris.

Va beh, avranno diritto pure loro di salire, sono tutti giocondi e felici, non credo sia la bigiata più grande del mondo, magari la scuola li sta portando a vedere una mostra o uno spettacolo teatrale, ben venga una spolverata di vitalitè giovanile tra certe facce che sembrano Tutankhamon durante l'ablazione del cervello.

Ammazza se sono trugne le nuove generazioni, cioè sono proprio grandi di corporatura, venuti su a omogeneizzati di dinosauro arricchito di ormoni. Poi sti testoni, soprattutto maschili, coi capelli folti come foreste di mangrovie, densità di popolazione dei bulbi piliferi uguale a quella della Cina, e pettinati in delle maniere così plastiche che non possono essere veri, saranno in truciolato di faggio. 

Anche le bocche sono grandi, 8 su 10 munite di apparecchio ortodontico, quello de fero.
Quando noi si era ragazzi poco importava se i nostri genitori vendevano i propri organi doppi pur di assicurarci una masticazione corretta, noi pensavamo solo allo scherno che avremmo attirato con quelle rotaie sui denti e facevamo di tutto per non metterlo, per convincerli che se avessero optato per appiopparci quello mobile, lo avremmo messo sempre sempre sempre (ovviamente sottointendendo per "sempre" unicamente i due giorni precedenti la visita di controllo dal dentista).
Anni e anni a far pace col profondo conflitto interiore che se mamma e papà ci avevano voluto infliggere quella terribile punizione proprio nell'età della scoperta dei rapporti sociali, forse non ci avevano mai voluto bene, forse non erano nemmeno i nostri veri genitori! 

Oggi l'apparecchio è un cult, più si vede meglio è. Genitori che memori delle turbe patite, propongono essi stessi ai figli l'invisalign, la mascherina trasparente costosissima, e invece loro no, chiedono al dentista se ha il modello Hannibalthecannibal, che così quando si baciano possono fare le scintille ed è come avere i fuochi d'artificio a far da cornice al momento romantico.

Le 2 boccone su 10 senza apparecchio hanno ancora le impronte delle piastrine, ma anche quelle non gliene frega si vedano, mica scalpitano per andare a fare la pulizia. Perchè tanto sti denti son talmente dritti e grossi che sembrano le white cliffs of  Dover, non sono i segni delle piastrine, c'erano attaccate delle patelle.
   
Effettivamente, mi hanno un po' inquietato sti liceali, come avere davanti un poster gigante di Andy Warhol di Renato Balestra, però almeno mi hanno ricordato che devo prenotare la panoramica perché a gennaio devo andare dal dentista a discutere della mia malocclusione di IIclasse.

venerdì 24 ottobre 2014

Prendi questa mano zingara


Bella matrona torinese che si duole per non so quali impegni dovrà mantenere nella giornata, accanto a lei un bell'omone barba e folti capelli bianchi sotto il basco, panciuto quel tanto da ricordare un capitano di ventura senza sforare in babbo natale.

Io dietro, che mentre scorro il taglio del cappottino fichissimo di lei, vedo il braccio di lui, che mentre continuano a parlare e camminare fianco a fianco, si allunga con la mano protesa a cercare la risposta della mano di lei, senza toccarla. Una roba di quelle che l'altro non vede ma dovrebbe percepire e assecondare in una sorta di stereotipia di movimenti sincroni determinati da un'allenata e consolidata propriocezione di corpi accoppiati.

Lei non percepisce, il braccio di lui penzola come a uno a cui hanno sparato alla cuffia dei rotatori, la mano rimane orfana. Cacchio se avessi avuto un cioccolatino glielo avrei appoggiato da dietro nel palmo come i bigliettini a scuola, mi scoccia quando i gesti amorevoli sfumano per disattenzione.

Poi mi avvio in macchina, mi fermo a un passaggio pedonale senza semaforo per far transitare una vecchia che deambula con la velocità di una fila alle poste - che sono i soggetti che quando li vedi già solo in prossimità delle strisce hai un rigurgito di empatia e ti fermi in attesa, pazienza se da dietro ti suoneranno, oggi hai scelto di essere tu il paladino del senso civico - e lei con la sua manina non fa un cenno di ringraziamento dato che nell'ora di punta hai trasformato un corso di Torino in una scena di Matrix solo per agevolarle il cammino, no, fa quel gesto come per dire: calma calma che sto passando.

Cioè, che venga data una licenza anche per il porto di mani! 

mercoledì 15 ottobre 2014

D'oh!


Quel momento catartico in cui dopo che hai percorso anche le lande desolate di Mordor alla ricerca di un parcheggio, ripassi in prossimità di casa tua, giusto per ricordarti dov'è, e proprio allora la vedi: una station wagon col bagagliaio aperto e un omino che le si avvicina.

Il tuo lungo peregrinare d'un tratto trova risposta, ottobre ti sembra marzo, riesci a scorgere putti alati e amorini che becchettano insieme ai piccioni, ti converti al credo e l'abitacolo della tua auto diventa un intimo confessionale dove chiedi perdono per l'ebola augurata ai proprietari delle Smart posteggiate di traverso nell'infimo spazio lasciato tra la propria macchina e la successiva da tutti quegli altri stronzi che a sommarlo riuscivate a parcheggiare tu, la carrozza di Cenerentola e l'Andrea Doria.

Hai già messo le quattro frecce ma per non peccare di ottimismo proprio ora che hai espiato le tue colpe, abbassi il finestrino e punti il tizio della station per fare la retorica domanda: "buongiorno, sta andando via?"

La trance agonistica ti abbandona e allora puoi notare che sei davanti a una chiesa, che fuori c'è il tavolino col drappo di velluto e il libro per le firme e che la station wagon è un carro funebre.

Riparti a razzo senza spiccicare parola, l'aria che entra dal finestrino ancora abbassato è pungente perché è autunno, un piccione ti cagherà sicuramente sul cofano, e tanto tu sei comunque destinato forever all'inferno perché mentre ricominci a girovagare un pensierino su quanto durerà ancora il funerale te lo fai.

giovedì 2 ottobre 2014

C'è sup-posta per te


Eva Qu, la supposta effervescente, che più la infili giù più ti tira su. I pubblicitari l'hanno presa a cuore la mission: già la pubblicità fa cagare.

Certo rendere accattivante una cosa da infilarti su per il tulo richiede una certa attitudine... che se non ti chiami Rocco rischi di passare più per uno che l'ha ideata di notte, dopo aver mangiato pensante ed essersi fatto un giro su YouPorn per conciliare il sonno.

L'avete vista? La signora Rossi ha bisogno di uno smottamento e la supposta le viene recapitata comodamente a casa sua da una topona di nome Eva Qu. Se l'assistenza sia stata fornita anche per espletare l'inserimento non è dato di saperlo, comunque poi la signora saluta felice e Eva appunta sul suo tablet che la missione è compiuta. Cioè la supposta è un dispositivo ad personam del supereroe, eroina in questo caso, un po' come le stelle ninja di batman a forma di pipistrello.

Noi pensavamo che quelle che vediamo in cielo fossero le sagome degli aerei, invece no, sono le richieste di aiuto di chi non riesce ad andare al cesso.

Eva Qu, che dev'essere la cugina ripudiata di Eva Kant, quando le vede, prontamente si traveste e abbandona il suo Qu loft per accorrere dal malcapitato.

Fa un lavoro di merda eppure lei ci mette la faccia, non si nasconde dietro una maschera. Si butta giusto addosso una tutina bianca ed è pronta.

Evidentemente per la signora Rossi era solo un falso allarme, perché dopo ha la pancia gonfia esattamente come prima e la tutina di Eva è ancora immacolata, comunque tutto è bene quel che finisce bene.

Sta supposta effervescente con la delicatezza delle sue bollicine sarà pure rapida e senza controindicazioni, che se t'avanza va pure bene nel qual caso mancasse la Cristallina, è il farsela spingere su da una con quelle unghie che mi preoccupa. 

EvaQu pubblicità

venerdì 26 settembre 2014

Ma mi faccia il piacere


Premio 2014 "Ma mi faccia il piacere" vinto oggi in via Genova Torino.

Che loro ti puntano, ma anche tu li riconosci lontano un miglio, o perlomeno lontano quanto i tuoi decimi te lo consentono, cerchi di batterli sul tempo prima che ti raggiungano, gettandoti sotto le grate di un tombino, inscenando telefonate immaginarie dal tono rigorosamente incazzato, bendandoti alla bellemeglio coi kleenex che hai in borsa e dichiarando: attenzione ho la lebbra e non ho paura di usarla.
Insomma tutto, fuorché essere abbordato dai flebotomi del portafoglio, i personaggi più sgraditi dopo Darth Vader, quelli che piuttosto di starli a sentire ti coleresti catrame fuso nelle orecchie: i tizi che per strada ti chiedono un'offerta. 

Veniva nella mia direzione, sapevo che voleva qualcosa perché mi fissava sorridendo, però non aveva l'aria da iena ridens, era più trasognata, da figlio dei fiori o da uno che ha ancora l'effetto dell'anestesia del dentista. Un ragazzo giovane, vent'anni o giù di lì. Ero persin curiosa.

"Buongiorno, mi sono appena trasferito, conosco poco la città e mi chiedevo se lei volesse aiutarmi con le spese"
Poi è partito con una tiritera su non so cosa perché passava un'ambulanza e sentivo solo che parlava con duecento battute al minuto. Una figata: questo candidamente chiedeva dei soldi perché non aveva voglia di fare un cazzo, manco la fatica di inventarsi un'associazione\club\iniziativa per cui li stava raccogliendo, e la cosa mi faceva veramente sorridere per la piacevole schiettezza e con la sirena non ho capito un cazzo di cosa mi ha detto dopo, ma così sembrava di ascoltare un grammelot che manco Dario Fo.

Cioè, è finita che: "Guarda, penso che la sincerità in qualche modo andrebbe sempre premiata, te li avrei anche dati due centesimi rappresentativi, era tutto perfetto, solo non mi avessi sputazzato sul braccio mentre parlavi... facci attenzione la prossima volta, ciao".

domenica 6 luglio 2014

Le cronache di Diarnia


Devi svegliarti tra tre ore e mezza eppure hai fatto la doccia solo adesso e ascolti la musica bassa bassa, che a quest'ora ci sta rispettare le regole del buon vicinato e non sfracagnare oltremodo i maroni a chi magari dorme e già ti odia perché gli fai gocciolare il tuo bucato sul suo (non la posso usare la centrifuga, la lavatrice funziona, scalpita per fare il ciclo completo, ma poi dovrei stirare, no no, facciamo gocciolare e prendiamoci la responsabilità dell'odio),
perché a sera tarda fai uscire i gatti sulle scale e quando vai a recuperarli quelli miagolano ipereccitati (potrei prenderli subito, ma poi finirebbe il gioco che gli piace tanto, no no, faccio solo finta di prenderli finché non rientrano in casa di spontanea volontà. Vedere i tuoi mici felici non ha prezzo, per tutto il resto c'è l'odio dei vicini).

Quella canzone che mi piace tanto, vuoi mettere ballarla in accappatoio nella penombra di una lampada, con le finestre aperte e l'arietta notturna che sui capelli ancora umidi ti fa proprio amare l'estate?

Una tazza di latte caldo col nesquik, sorseggiare e iniziare a scrivere una poesia, la sorprendente evenienza di come a volte cose che non stavi pensando compiutamente, possano passare da uno stato aeriforme a quello di scioglievole scrittura senza nemmeno passare per uno intermedio di concettualizzazione. Finito il latte, subentrato il blocco dello scrittore, poesia monca, va beh, certe cose le si rovina a volerle forzare, però peccato sembrava venir bella. La prossima volta ci metto più nesquik.

Adesso le ore che mancano alla sveglia sono due e mezza. Comunque, in definitiva, è assurdo e non giusto che io non possa andare in paradiso a causa di bestemmie per le quali l'unica vera colpevole è la deprivazione di sonno.

sabato 10 maggio 2014

Il corpo tuo

Il corpo tuo
nudo
lo sguardo mio
come lucida biglia di metallo sul piano inclinato
Ti percorro 
senza attrito

I pieni e i vuoti
che ti disegnano
li imprimo
nel calco di anima fusa 
Ti cingo
fluida

Il tempo
che inscrive
in quadranti
lo misuro 
in pulsazioni
e in atti
di respiro
Ti espando
ritmicamente

Tu
mia sinestesia

Nuovo_Gianmaria Testa
http://youtu.be/uIZUI8WAq1E

giovedì 10 aprile 2014

Io so come esco


Finito di parcheggiare, sono ancora seduta, camioncino dell'Amiat si ferma di fianco e SBRAAM, la tizia per scendere apre la portiera contro la mia. Decido che il comportamento maleducato impone delle rimostranze.

E' una bella giornata, c'è il sole, senza tralasciare il fatto che l'operatrice ecologica è una vichinga col rossetto, non voglio mica la rissa, solo far notare che risalendo potrebbe fare leggermente più attenzione, che la costellazione delle Pleiadi di righe sulla macchina ce l'ho già completa.

Poi questa mi guarda con supponenza e allora momencazzo.
"Eh...senta magari dopo se volesse usare più delicatezza nell'aprire la portiera dimostrerebbe di essere una signora e non l'incredibile Hulk"
"Cosa vuoi, cosa dici? Io so come esco"
"Ah si?! Anch'io so come adesso mi esce un manrovescio sulla sua faccia"
Va beh, non sto a tediare trasformando un breve racconto in un dettagliato trattato di tecnica di jujitsu e di come la gente applaudiva dai balconi e lanciava vasi di gerani al mio passaggio.

Non capisco perché nessun regista voglia trarre dalle mie immaginazioni delle sceneggiature per film cult nei peggiori bar di Caracas, ad ogni modo, in realtà me sono incarognita con lo stesso furore di un baco da seta e la tipa avrà riaperto la portiera ancor più violentemente di prima, ma lo sguardo dispiaciuto e lo "scusi" che ho ricevuto invece dalla sua collega mi hanno riappacificato il karma.

E poi non posso mica tradire gli insegnamenti del maestro Miyagi di quando mi insegnava il karate: "per un uomo che vive senza il perdono nel cuore, vivere è punizione peggiore di morire"

martedì 1 aprile 2014

Pesce d'aprile


Volevo ricordare a tutti che oggi è il primo aprile. Fate sentire considerate le persone che vi stanno a cuore, dedicategli tutta la vostra più subdola malvagità. Se volete incantare qualcuno, confermare che gli dedicate dei pensieri, cementare dei legami, oggi potete farlo, andate a conquistarvi la cosa più sincera a cui si possa aspirare: un vaffanculo detto dal profondo del cuore.

Abbiate comprensione per chi ancora si limita a ritagliare pesci da attaccare sulla schiena, sicuramente qualche trauma infantile avrà causato un ritardo di sviluppo della perfidia. Fornite appoggio e ascolto, coinvolgeteli nell'escogitazione dei vostri piani diabolici affidando loro semplici mansioni: come scaldare la pece, farvi da clap al termine della vostra interpretazione, o essere gli addetti alla chiamata al 118 e al 113 se in corso di gabbatura dovessero verificarsi piccoli accidenti.

Più il vostro scherzo sarà recepito come molesto più dovrete sentirvi orgogliosi di onorare ed essere artefici di una delle tradizioni più ataviche e universali del mondo. A chi vi trovasse solo idioti potete poi sempre tirare in faccia tutto il tomo dell'Enciclopedia Britannica che si interroga sull'origine di questo importante rituale apotropaico.

Che oggi "al mio segnale scatenate l'inferno" sia con voi. 

mercoledì 26 febbraio 2014

La notte


È un buon posto la notte
non ha i confini delle cose che il giorno delinea con la luce 
Il cielo è nero
sfugge ai colori diurni degli strati dell'atmosfera
non è più cupola di un piccolo pianeta
si ricongiunge allo spazio universo
È un buon posto la notte
sono chiuse le tende del sipario
nessun pubblico richiede
la performance sulla scena
i sorrisi o le lacrime sono i più sinceri
nascono per la partecipazione di nessun'altro
La notte è il posto degli intimi
delle poesie segrete
dei volti che si accarezzano col pensiero
delle bocche che si baciano con l'anima
dei desideri arditi
e delle verità scomode nude alla luce
dei nodi 
che allentati dal gran maneggiare diurno
tornano a stringere
La notte è un buon posto
per vedere quanto a volte sia il giorno
il meno illuminato

martedì 18 febbraio 2014

Destino


Destino, fato, sorte, caso, s\fortuna. Tanti nomi da poter attribuire alle cose che ci capitano o alle situazioni in cui ci troviamo nelle quali ci risulta difficile trovare il bandolo della matassa e raccapezzarcene.

Destino è nascere in una favela piuttosto che da Angelina Jolie, caso è veder estratto il proprio numero alla tombola, sorte è camminare sul marciapiede ed essere investiti da un'auto. Tutto il resto dipende da noi: dove siamo, con chi, come stiamo. C'è un filo che tessiamo ogni giorno della nostra vita ed è per questo che ne siamo i padroni e la conduciamo esattamente dove vogliamo, o comunque dove è normale che sia dopo il modo in cui l'abbiamo traghettata: ad occhi e mente aperti o alla cieca e a tentoni.

Lasciar perdere il destino e focalizzarsi sull'autodeterminazione di ciò che ci accade è forse l'unico modo per dare dignità a se stessi, un valore a quello con cui entriamo in contatto (fatti, persone), un punto di partenza per sollevarsi dalle circostanze che opprimono fuori o dentro, e in definitiva la speranza\constatazione di vedersi in un mondo proprio, vissuto e percepito via via in modo sempre migliore.

Ciò che conta è sentirsi ed essere artefici: di scelte, atti, conseguenze. Giudicarsi non per giudicare gli altri ma per saper giudicare cosa perseguire o trascurare, ciò che ci spetta e cosa no. Avanzare tenendosi per mano, la propria destra con la propria sinistra, consapevoli  che dove ci ritroveremo e quali altre mani stringeranno le nostre, dipende essenzialmente da noi e da quella capacità di giudizio.

martedì 11 febbraio 2014

I bau


Per i bambini sono importanti i rituali e le regole, anche quelle apparentemente banali, creano punti di riferimento nel loro mondo in costruzione, anche se appena diventano senzienti tentano in ogni modo di testare se possono eluderle.

Robe che la prima cosa che ti viene in mente è agguantarli con un fazzoletto imbevuto di cloroformio, ma poi pensi che è un comportamento normale, che in fin dei conti ti tocca perché li hai messi al mondo tu, e soprattutto che anche quando fanno dei capricci della madocina, tu li guardi e sei tremendamente felice di essere la mamma o il papà di quella meravigliosa creaturina diabolica.


Alessandro ha 2 anni freschi freschi e me lo trovo già belle che confezionato, ma sono felice lo stesso di essere una presenza nella sua vita piccolina e lui nella mia... ossia quando ieri ha iniziato a contorcersi come una biscia e a incapricciarsi peggio che davanti al muro del pianto se provavo a portarlo a lavarsi i denti, non ho optato per assecondarlo nè sparargli nella chiappotta un sedativo da elefanti.

Sudato fradicio dopo aver giocato duro, con solo più mezzo occhio aperto, cosa di più bello di andare a farsi rassettare da mani premurose, farsi infilare il pigiama caldo di termosifone e riceversi le carezze e i bacini della prenanna (ripartiti perfettamente come da richiesta tra lui e il peluche)?! No, bisognava per forza ancora guardare il cartone dei bau. Vaglielo a spiegare che un giorno ad averne di tutte ste premure da una donna!

Perfetto, stai pure barricato sul divano, che avesse il via la sfida.

Mi acchiappo il cagnolino di pezza e vado a parlarci in bagno, col cane intendo. Parlo e abbaio per due minuti e l'animaletto, Alessandro intendo, non si presenta. Faccio capolino in salotto con cane e spazzolino al seguito, Ale immobile dove l'avevo lasciato, da un'occhiata di traverso e si finge sordo alla combriccola.

Ripeto la scenetta, ci aggiungo qualche sospiro di stupore e grasse risate, ci si diverte un sacco in bagno. Ritorno in salotto. Stu figlie 'ndrocchia si era spostato di postazione sul divano per avermi ben di fronte quando sarei ricomparsa e mi guardava pure con espressione seria trattenendosi per non sorridere.
Alla fine ha capitolato, e ognuno ha avuto il premio: lui le coccole e il riposo e io mi sono finalmente potuta guardare il cartone che preferivo. La sfida l'ho strappata io, ma mi sa che ha vinto lui.

P.S. Romina non mi riferivo a te quando ho detto ndrocchia, ovviamente pensavo a Mario.
Vi voglio bene.  

domenica 9 febbraio 2014

Eve Arnold


Quando le persone trovano il modo di esprimersi seguendo il flusso del proprio spirito riuscendo a creare qualcosa che prende vita all'esterno di loro stesse è un processo straordinario. E' la nascita dell'arte. L'arte è l'archetipo della comunicazione. Nasce da un'espressione profondamente personale e intima che non richiede espressamente l'attenzione su di sè, nè da parte di nessuno in particolare, eppure crea lo stesso un contatto profondo con chiunque colga una vibrazione accostandocisi.

Siamo abituati a chiamare arte qualcosa di visibile, tangibile o udibile, ma quelle sono forme, l'arte per me è il concetto che sta dietro alla forma, e si realizza ogniqualvolta si entra in contatto con qualcosa che si sente abitare anche dentro di noi stessi, un riconoscimento di sensazioni che creano un accordo armonico.

Retrospettiva di Eve Arnold, prima fotografa donna ad entrare nell'agenzia Magnum. Ritratti di personalities celebri e di situazioni create non dagli eventi o dall'ambiente circostante, ma dall'animo delle persone. Ecco è questo che ho respirato dalle fotografie, la densità degli animi.



Molto profonda l'empatia che si è creata attraverso scatti di donne presi da una donna, un tè pomeridiano tra amiche che non hanno bisogno di tante parole perché tutte si sa quanta forza possa richiedere stare nei propri panni di essere femminile.



Ritratti belli non per l'indubbia bellezza dei soggetti, ma per la verità a volte faticosa, a volte malinconica, a volte ribelle, a volte sognatrice, a volte disillusa, a volte leggera, di essere creature belle nella stessa misura del livello di articolazione dei moti dell'animo, della naturalezza coraggiosa di esprimerli dovendoli però anche governare.








Poi i visi, che sono intensi solo quando possiedono non dei bei lineamenti, ma occhi che hanno cose da raccontare, non necessariamente belle.



La comunicazione profonda che si esplica perlopiù in silenzio è dove corro a riprendermi dal carico delle situazioni rarefatte e frastornanti.

giovedì 6 febbraio 2014

Acido ortofosforico


Ciò che si ha dentro non si rivela a chiunque, serve fiducia, difatti col mio ginecologo mi sono sempre trovata così bene che la cavità orale decisi di affidarla a suo figlio, dentista. 

Buon sangue non mente, la mela non cade distante dall'albero, quelle robe li. Gentilezza e cortesia a carrettate, svolazzate pindariche su interessi, costumi e società. Che per il fatto di incontrare con una certa cadenzialità una persona, ok la conformità al dovecomeperchè sei lì, ma poi non gliela fò proprio a filtrare qualsiasi parola o contegno che non corrisponda alla perfetta asetticità.

Così ci sto pure bene dal dentista (intanto già si sta sdraiati) che mentre mi spiega per filo e per segno tutta la storia dell'odontoiatria, dai padri fondatori alla natura del composito che mi sta per mettere sul dente, io lo guardo con gli occhi grandi, perché mi piace ascoltare le storie, di qualunque argomento parlino. E lui è anche bravo e competente, e perciò sferruzza e trapana e aspira e ricostruisce descrivendo con la massima scientificità e precisione il suo operato, io però mi immagino lo stesso che quando avrà finito non avrò una corona, ma come minimo un origami o una miniatura del Colosseo.

- "Questo gel blu che vado ad applicare è acido ortofosforico"
- (occhi grandi)
- "Ma se vuoi posso chiamarlo gel dei puffi"
- (socchiudo un istante la bocca per sorridergli)