Destino, fato, sorte, caso, s\fortuna. Tanti nomi da poter attribuire alle cose che ci capitano o alle situazioni in cui ci troviamo nelle quali ci risulta difficile trovare il bandolo della matassa e raccapezzarcene.
Destino è nascere in una favela piuttosto che da Angelina Jolie, caso è veder estratto il proprio numero alla tombola, sorte è camminare sul marciapiede ed essere investiti da un'auto. Tutto il resto dipende da noi: dove siamo, con chi, come stiamo. C'è un filo che tessiamo ogni giorno della nostra vita ed è per questo che ne siamo i padroni e la conduciamo esattamente dove vogliamo, o comunque dove è normale che sia dopo il modo in cui l'abbiamo traghettata: ad occhi e mente aperti o alla cieca e a tentoni.
Lasciar perdere il destino e focalizzarsi sull'autodeterminazione di ciò che ci accade è forse l'unico modo per dare dignità a se stessi, un valore a quello con cui entriamo in contatto (fatti, persone), un punto di partenza per sollevarsi dalle circostanze che opprimono fuori o dentro, e in definitiva la speranza\constatazione di vedersi in un mondo proprio, vissuto e percepito via via in modo sempre migliore.
Ciò che conta è sentirsi ed essere artefici: di scelte, atti, conseguenze. Giudicarsi non per giudicare gli altri ma per saper giudicare cosa perseguire o trascurare, ciò che ci spetta e cosa no. Avanzare tenendosi per mano, la propria destra con la propria sinistra, consapevoli che dove ci ritroveremo e quali altre mani stringeranno le nostre, dipende essenzialmente da noi e da quella capacità di giudizio.
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