C'è una parte del nostro tempo che è una parte importante, che dovrebbe avere una dignità, dovrebbe essere riconosciuta col proprio nome, invece spesso è confusa nel fluire delle situazioni e non considerata di per se stessa; come se si saltellasse da un evento ad un altro di cui si è o ci si sente protagonisti e nel mezzo ci fosse il vuoto. E' possibile che esista una vita telegrafata? linea- spazio vuoto- punto- linea-linea- spazio vuoto?
No, non c'è mai il vuoto, nemmeno quando dormiamo e alla nostra coscienza si sostituiscono i sogni. Ma quando siamo accesi che nome ha quello spazio che tralasciamo nelle cronache di una giornata, di una vita? Il suo nome è attesa. Al suo interno c'è il proprio io che si prepara ad accogliere qualcosa, con paura, con sollievo, con tristezza, con felicità. Quel qualcosa verrà perché si va sempre verso qualcosa, la progettualità esiste sempre, anche solo inconscia. E un nuovo progetto è figlio di un'attesa, di un desiderio, figli a loro volta di un progetto precedente.
E' nato prima l'uovo o la gallina? Chissà? Certo è che l'uno non può essere senza l'altro. Forse, però, è proprio l'attesa che più ci parla di noi. Nell'attesa si manifesta ciò che si sente, possono comparire anche angosce o paure, ma sono solo ancelle scure e ferme. Nell'attesa, essenzialmente, si entra in contatto con la propria speranza che è l'unico vero motore, ciò che veramente si attende parla di luce e di domani, il resto non lo si attende, ce ne si vorrebbe allontanare. Nessuno vuole andare verso il buio, nessuno attende qualcosa che gli è indifferente. Per questo l'attesa ci parla di futuro, del futuro che vorremmo. Nell'attesa nasce il seme da cui poter germogliare noi stessi.
No, non c'è mai il vuoto, nemmeno quando dormiamo e alla nostra coscienza si sostituiscono i sogni. Ma quando siamo accesi che nome ha quello spazio che tralasciamo nelle cronache di una giornata, di una vita? Il suo nome è attesa. Al suo interno c'è il proprio io che si prepara ad accogliere qualcosa, con paura, con sollievo, con tristezza, con felicità. Quel qualcosa verrà perché si va sempre verso qualcosa, la progettualità esiste sempre, anche solo inconscia. E un nuovo progetto è figlio di un'attesa, di un desiderio, figli a loro volta di un progetto precedente.
E' nato prima l'uovo o la gallina? Chissà? Certo è che l'uno non può essere senza l'altro. Forse, però, è proprio l'attesa che più ci parla di noi. Nell'attesa si manifesta ciò che si sente, possono comparire anche angosce o paure, ma sono solo ancelle scure e ferme. Nell'attesa, essenzialmente, si entra in contatto con la propria speranza che è l'unico vero motore, ciò che veramente si attende parla di luce e di domani, il resto non lo si attende, ce ne si vorrebbe allontanare. Nessuno vuole andare verso il buio, nessuno attende qualcosa che gli è indifferente. Per questo l'attesa ci parla di futuro, del futuro che vorremmo. Nell'attesa nasce il seme da cui poter germogliare noi stessi.
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