Regista è Ang Lee (I segreti di Brokeback Mountain, La Tigre e il Dragone). Il film scivola senza alcun attrito come una foglia su di uno specchio d'acqua.
Pi, Piscine Molitor Patel, riceve uno scrittore in cerca di ispirazione a cui racconta le sue origini in India e soprattutto l'incredibile storia avventurosa di cui è stato protagonista. 200 giorni di naufragio nel Pacifico in compagnia di una tigre del Bengala.
Non fatevi venire in mente Cast Away, qui c'è il racconto di un viaggio, ma è essenzialmente il racconto di una crescita spirituale. Pensate piuttosto ai Racconti della Jungla, al bisogno interiore di trovare punti di riferimento e ad una circostanza paradossale e abbacinante che quando un animo è fertile per la ricerca e conosce i dogmi ma non è zavorrato, diventa invece una possibilità enorme di ritrovamento di se stessi.
La "traversata" è meravigliosa per l'uso della computer grafica (accipicchia mi sto ricredendo sul 3D, cioè con la tecnologia che migliora non mi sembra più di avere la sensazione di stare su una giostra a catene), colori che brillano e scenari che sei proprio lì;
i sentimenti sono fortissimi, grandi, nella loro crudezza così come nell'amore, al riparo da una stridente teatralizzazione che li renderebbe artificiali.
Sopravvivere facendo sopravvivere anche la tigre che non è semplicemente un animale ma è il simbolo dell'istinto animale. Trovare una simbiosi tra la parte più luminosa e la più oscura, tra il misticismo e la razionalità, far convivere tutto senza uccidere nulla. Vincere la propria sfida personale con la vita riuscendo a vivere con la capacità di trovare l'equilibrio, il proprio.
Per arrivare a poter credere fermamente in qualcosa: se stessi.
Molto bello! Buona visione.
Nessun commento:
Posta un commento