venerdì 23 marzo 2012

Il mare d'Invernavèra

Questo tempo, a cavallo tra l'Inverno e la Primavera, al mare, è la bàlia perfetta per quel risveglio dei sensi intorpiditi dal freddo.

Orsi letargici a casa propria, ci si ritrova invece mattinieri al mare, il corpo abituato ad altri climi, ad altri odori dell'aria, si desta ad un richiamo inconscio, impaziente di raggiungerlo e respirarlo a pieno. 

Non c'è nessuno in spiaggia, ancora lontano l'affollamento estivo, un dialogo a tu per tu con il mare, le scarpe diventano insopportabili, i piedi reclamano quel contatto morbido, materico e fresco della sabbia.

Camminare affondando quel po' che fa sentire vicini alla terra, un tutt'uno, essere raggiunti dall'acqua che solleva il passo, avere i polmoni purificati dall'essenza di mare. Lo sciabordio costante e rassicurante delle onde che sembra smussare i punti più aspri dei ceppi della mente.

In certi luoghi e in certi momenti del giorno, o della vita, si sta bene soli, pacificamente soli, non bellicosamente distratti o impegnati da altro, pensieri o persone. Forse un cane, ecco l'unico elemento mancante all'armonia del mio intimo colloquio.

E' risaputo, mens sana in corpore sano, se lo spirito è corroborato, lo è anche l'appetito. E' ora di tornare a casa a mangiare, ovviamente, il pesce (ordinato in una gastronomia-ristorante di fiducia, e, prima di uscirne, transito ancora per un attimo davanti alle cucine perchè se, in certe occasioni e posti, certi odori, possono risultare opprimenti, al mare vien voglia di farsi avvolgere dall'effluvio dei fornelli come fosse Chanel N.5!).   

Una breve siesta postprandiale e poi io e la mia zietta ci inerpichiamo tra le stradette della prima collina per una sana passeggiata. Percorriamo il viale dei pepi che si chiama così perchè costellato da piante di pepe rosa, poi lei stacca un rametto da un pruno e la dolce delicatezza del profumo dei suoi fiori fa venir voglia di accarezzarli gentilmente come si sfiora qualcosa di prezioso.

Passiamo vicino a una ginestra bianca che dirama le sue fronde come le scie di un fuoco d'artificio e a piante di mimosa che appaiono così orgogliose nella loro completezza, ben diverse dall'avvilita immagine che si ha quando vengono mortificate in sparuti mazzetti per la festa dell'8 marzo.

E poi si staglia, che meraviglia, una pianta di limoni, di un giallo di sole e di un turgore! che è impossibile non ammirarla. Una bellezza che per un attimo lascia senza parole, che riconcilia alla vita. Mi torna in mente la raccolta Ossi di Seppia di Montale ..., com'è universale il linguaggio della Natura nella sua perfetta semplicità.

Prima di rientrare raggiungiamo un punto, su di un promontorio, dal quale si può vedere il mare fin dove la linea della costa lo permette. Il mare, a guardarlo così, immenso, sembra sia in grado di portare a galla anche il più piccolo sassolino che grava sull'anima. E' un confessore a cui ti accorgi di confessarti senza aver pensato di farlo, è così, inevitabile, e lui non è mai severo, mai giudice, lui con la saggezza di chi attraversa le ere, col suo ondeggiare perpetuo, porta lontano gli echi di travaglio dell'animo.

C'è una panchina e c'è una coppia di anziani seduti, per mano. Guardano in silenzio l'orizzonte ed io li immagino come i gabbiani che ora che si è levato un gran vento, rimangono in aria in un apparente volo immobile, in realtà molto impegnativo, frutto della conoscenza delle correnti del cielo e degli aggiustamenti costanti dell'assetto del proprio corpo e delle proprie ali. 

E' la vita, riuscire ad affrontarla essendo in grado di stare in volo saldamente anche quando tira vento. Arrivare a poter contare su quattro ali forti su cui distribuire equilibratamente il peso è una grandissima cosa, per quanto è ardua l'impresa! Sbagliarsi nell'accoppiata può significare  lo stallo e la caduta, chissà da quanto in alto. Trovarla fa progettare di raggiungere altezze prima solo immaginate.




  

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