venerdì 24 ottobre 2014

Prendi questa mano zingara


Bella matrona torinese che si duole per non so quali impegni dovrà mantenere nella giornata, accanto a lei un bell'omone barba e folti capelli bianchi sotto il basco, panciuto quel tanto da ricordare un capitano di ventura senza sforare in babbo natale.

Io dietro, che mentre scorro il taglio del cappottino fichissimo di lei, vedo il braccio di lui, che mentre continuano a parlare e camminare fianco a fianco, si allunga con la mano protesa a cercare la risposta della mano di lei, senza toccarla. Una roba di quelle che l'altro non vede ma dovrebbe percepire e assecondare in una sorta di stereotipia di movimenti sincroni determinati da un'allenata e consolidata propriocezione di corpi accoppiati.

Lei non percepisce, il braccio di lui penzola come a uno a cui hanno sparato alla cuffia dei rotatori, la mano rimane orfana. Cacchio se avessi avuto un cioccolatino glielo avrei appoggiato da dietro nel palmo come i bigliettini a scuola, mi scoccia quando i gesti amorevoli sfumano per disattenzione.

Poi mi avvio in macchina, mi fermo a un passaggio pedonale senza semaforo per far transitare una vecchia che deambula con la velocità di una fila alle poste - che sono i soggetti che quando li vedi già solo in prossimità delle strisce hai un rigurgito di empatia e ti fermi in attesa, pazienza se da dietro ti suoneranno, oggi hai scelto di essere tu il paladino del senso civico - e lei con la sua manina non fa un cenno di ringraziamento dato che nell'ora di punta hai trasformato un corso di Torino in una scena di Matrix solo per agevolarle il cammino, no, fa quel gesto come per dire: calma calma che sto passando.

Cioè, che venga data una licenza anche per il porto di mani! 

mercoledì 15 ottobre 2014

D'oh!


Quel momento catartico in cui dopo che hai percorso anche le lande desolate di Mordor alla ricerca di un parcheggio, ripassi in prossimità di casa tua, giusto per ricordarti dov'è, e proprio allora la vedi: una station wagon col bagagliaio aperto e un omino che le si avvicina.

Il tuo lungo peregrinare d'un tratto trova risposta, ottobre ti sembra marzo, riesci a scorgere putti alati e amorini che becchettano insieme ai piccioni, ti converti al credo e l'abitacolo della tua auto diventa un intimo confessionale dove chiedi perdono per l'ebola augurata ai proprietari delle Smart posteggiate di traverso nell'infimo spazio lasciato tra la propria macchina e la successiva da tutti quegli altri stronzi che a sommarlo riuscivate a parcheggiare tu, la carrozza di Cenerentola e l'Andrea Doria.

Hai già messo le quattro frecce ma per non peccare di ottimismo proprio ora che hai espiato le tue colpe, abbassi il finestrino e punti il tizio della station per fare la retorica domanda: "buongiorno, sta andando via?"

La trance agonistica ti abbandona e allora puoi notare che sei davanti a una chiesa, che fuori c'è il tavolino col drappo di velluto e il libro per le firme e che la station wagon è un carro funebre.

Riparti a razzo senza spiccicare parola, l'aria che entra dal finestrino ancora abbassato è pungente perché è autunno, un piccione ti cagherà sicuramente sul cofano, e tanto tu sei comunque destinato forever all'inferno perché mentre ricominci a girovagare un pensierino su quanto durerà ancora il funerale te lo fai.

giovedì 2 ottobre 2014

C'è sup-posta per te


Eva Qu, la supposta effervescente, che più la infili giù più ti tira su. I pubblicitari l'hanno presa a cuore la mission: già la pubblicità fa cagare.

Certo rendere accattivante una cosa da infilarti su per il tulo richiede una certa attitudine... che se non ti chiami Rocco rischi di passare più per uno che l'ha ideata di notte, dopo aver mangiato pensante ed essersi fatto un giro su YouPorn per conciliare il sonno.

L'avete vista? La signora Rossi ha bisogno di uno smottamento e la supposta le viene recapitata comodamente a casa sua da una topona di nome Eva Qu. Se l'assistenza sia stata fornita anche per espletare l'inserimento non è dato di saperlo, comunque poi la signora saluta felice e Eva appunta sul suo tablet che la missione è compiuta. Cioè la supposta è un dispositivo ad personam del supereroe, eroina in questo caso, un po' come le stelle ninja di batman a forma di pipistrello.

Noi pensavamo che quelle che vediamo in cielo fossero le sagome degli aerei, invece no, sono le richieste di aiuto di chi non riesce ad andare al cesso.

Eva Qu, che dev'essere la cugina ripudiata di Eva Kant, quando le vede, prontamente si traveste e abbandona il suo Qu loft per accorrere dal malcapitato.

Fa un lavoro di merda eppure lei ci mette la faccia, non si nasconde dietro una maschera. Si butta giusto addosso una tutina bianca ed è pronta.

Evidentemente per la signora Rossi era solo un falso allarme, perché dopo ha la pancia gonfia esattamente come prima e la tutina di Eva è ancora immacolata, comunque tutto è bene quel che finisce bene.

Sta supposta effervescente con la delicatezza delle sue bollicine sarà pure rapida e senza controindicazioni, che se t'avanza va pure bene nel qual caso mancasse la Cristallina, è il farsela spingere su da una con quelle unghie che mi preoccupa. 

EvaQu pubblicità

venerdì 26 settembre 2014

Ma mi faccia il piacere


Premio 2014 "Ma mi faccia il piacere" vinto oggi in via Genova Torino.

Che loro ti puntano, ma anche tu li riconosci lontano un miglio, o perlomeno lontano quanto i tuoi decimi te lo consentono, cerchi di batterli sul tempo prima che ti raggiungano, gettandoti sotto le grate di un tombino, inscenando telefonate immaginarie dal tono rigorosamente incazzato, bendandoti alla bellemeglio coi kleenex che hai in borsa e dichiarando: attenzione ho la lebbra e non ho paura di usarla.
Insomma tutto, fuorché essere abbordato dai flebotomi del portafoglio, i personaggi più sgraditi dopo Darth Vader, quelli che piuttosto di starli a sentire ti coleresti catrame fuso nelle orecchie: i tizi che per strada ti chiedono un'offerta. 

Veniva nella mia direzione, sapevo che voleva qualcosa perché mi fissava sorridendo, però non aveva l'aria da iena ridens, era più trasognata, da figlio dei fiori o da uno che ha ancora l'effetto dell'anestesia del dentista. Un ragazzo giovane, vent'anni o giù di lì. Ero persin curiosa.

"Buongiorno, mi sono appena trasferito, conosco poco la città e mi chiedevo se lei volesse aiutarmi con le spese"
Poi è partito con una tiritera su non so cosa perché passava un'ambulanza e sentivo solo che parlava con duecento battute al minuto. Una figata: questo candidamente chiedeva dei soldi perché non aveva voglia di fare un cazzo, manco la fatica di inventarsi un'associazione\club\iniziativa per cui li stava raccogliendo, e la cosa mi faceva veramente sorridere per la piacevole schiettezza e con la sirena non ho capito un cazzo di cosa mi ha detto dopo, ma così sembrava di ascoltare un grammelot che manco Dario Fo.

Cioè, è finita che: "Guarda, penso che la sincerità in qualche modo andrebbe sempre premiata, te li avrei anche dati due centesimi rappresentativi, era tutto perfetto, solo non mi avessi sputazzato sul braccio mentre parlavi... facci attenzione la prossima volta, ciao".

domenica 6 luglio 2014

Le cronache di Diarnia


Devi svegliarti tra tre ore e mezza eppure hai fatto la doccia solo adesso e ascolti la musica bassa bassa, che a quest'ora ci sta rispettare le regole del buon vicinato e non sfracagnare oltremodo i maroni a chi magari dorme e già ti odia perché gli fai gocciolare il tuo bucato sul suo (non la posso usare la centrifuga, la lavatrice funziona, scalpita per fare il ciclo completo, ma poi dovrei stirare, no no, facciamo gocciolare e prendiamoci la responsabilità dell'odio),
perché a sera tarda fai uscire i gatti sulle scale e quando vai a recuperarli quelli miagolano ipereccitati (potrei prenderli subito, ma poi finirebbe il gioco che gli piace tanto, no no, faccio solo finta di prenderli finché non rientrano in casa di spontanea volontà. Vedere i tuoi mici felici non ha prezzo, per tutto il resto c'è l'odio dei vicini).

Quella canzone che mi piace tanto, vuoi mettere ballarla in accappatoio nella penombra di una lampada, con le finestre aperte e l'arietta notturna che sui capelli ancora umidi ti fa proprio amare l'estate?

Una tazza di latte caldo col nesquik, sorseggiare e iniziare a scrivere una poesia, la sorprendente evenienza di come a volte cose che non stavi pensando compiutamente, possano passare da uno stato aeriforme a quello di scioglievole scrittura senza nemmeno passare per uno intermedio di concettualizzazione. Finito il latte, subentrato il blocco dello scrittore, poesia monca, va beh, certe cose le si rovina a volerle forzare, però peccato sembrava venir bella. La prossima volta ci metto più nesquik.

Adesso le ore che mancano alla sveglia sono due e mezza. Comunque, in definitiva, è assurdo e non giusto che io non possa andare in paradiso a causa di bestemmie per le quali l'unica vera colpevole è la deprivazione di sonno.

sabato 10 maggio 2014

Il corpo tuo

Il corpo tuo
nudo
lo sguardo mio
come lucida biglia di metallo sul piano inclinato
Ti percorro 
senza attrito

I pieni e i vuoti
che ti disegnano
li imprimo
nel calco di anima fusa 
Ti cingo
fluida

Il tempo
che inscrive
in quadranti
lo misuro 
in pulsazioni
e in atti
di respiro
Ti espando
ritmicamente

Tu
mia sinestesia

Nuovo_Gianmaria Testa
http://youtu.be/uIZUI8WAq1E

giovedì 10 aprile 2014

Io so come esco


Finito di parcheggiare, sono ancora seduta, camioncino dell'Amiat si ferma di fianco e SBRAAM, la tizia per scendere apre la portiera contro la mia. Decido che il comportamento maleducato impone delle rimostranze.

E' una bella giornata, c'è il sole, senza tralasciare il fatto che l'operatrice ecologica è una vichinga col rossetto, non voglio mica la rissa, solo far notare che risalendo potrebbe fare leggermente più attenzione, che la costellazione delle Pleiadi di righe sulla macchina ce l'ho già completa.

Poi questa mi guarda con supponenza e allora momencazzo.
"Eh...senta magari dopo se volesse usare più delicatezza nell'aprire la portiera dimostrerebbe di essere una signora e non l'incredibile Hulk"
"Cosa vuoi, cosa dici? Io so come esco"
"Ah si?! Anch'io so come adesso mi esce un manrovescio sulla sua faccia"
Va beh, non sto a tediare trasformando un breve racconto in un dettagliato trattato di tecnica di jujitsu e di come la gente applaudiva dai balconi e lanciava vasi di gerani al mio passaggio.

Non capisco perché nessun regista voglia trarre dalle mie immaginazioni delle sceneggiature per film cult nei peggiori bar di Caracas, ad ogni modo, in realtà me sono incarognita con lo stesso furore di un baco da seta e la tipa avrà riaperto la portiera ancor più violentemente di prima, ma lo sguardo dispiaciuto e lo "scusi" che ho ricevuto invece dalla sua collega mi hanno riappacificato il karma.

E poi non posso mica tradire gli insegnamenti del maestro Miyagi di quando mi insegnava il karate: "per un uomo che vive senza il perdono nel cuore, vivere è punizione peggiore di morire"

martedì 1 aprile 2014

Pesce d'aprile


Volevo ricordare a tutti che oggi è il primo aprile. Fate sentire considerate le persone che vi stanno a cuore, dedicategli tutta la vostra più subdola malvagità. Se volete incantare qualcuno, confermare che gli dedicate dei pensieri, cementare dei legami, oggi potete farlo, andate a conquistarvi la cosa più sincera a cui si possa aspirare: un vaffanculo detto dal profondo del cuore.

Abbiate comprensione per chi ancora si limita a ritagliare pesci da attaccare sulla schiena, sicuramente qualche trauma infantile avrà causato un ritardo di sviluppo della perfidia. Fornite appoggio e ascolto, coinvolgeteli nell'escogitazione dei vostri piani diabolici affidando loro semplici mansioni: come scaldare la pece, farvi da clap al termine della vostra interpretazione, o essere gli addetti alla chiamata al 118 e al 113 se in corso di gabbatura dovessero verificarsi piccoli accidenti.

Più il vostro scherzo sarà recepito come molesto più dovrete sentirvi orgogliosi di onorare ed essere artefici di una delle tradizioni più ataviche e universali del mondo. A chi vi trovasse solo idioti potete poi sempre tirare in faccia tutto il tomo dell'Enciclopedia Britannica che si interroga sull'origine di questo importante rituale apotropaico.

Che oggi "al mio segnale scatenate l'inferno" sia con voi. 

mercoledì 26 febbraio 2014

La notte


È un buon posto la notte
non ha i confini delle cose che il giorno delinea con la luce 
Il cielo è nero
sfugge ai colori diurni degli strati dell'atmosfera
non è più cupola di un piccolo pianeta
si ricongiunge allo spazio universo
È un buon posto la notte
sono chiuse le tende del sipario
nessun pubblico richiede
la performance sulla scena
i sorrisi o le lacrime sono i più sinceri
nascono per la partecipazione di nessun'altro
La notte è il posto degli intimi
delle poesie segrete
dei volti che si accarezzano col pensiero
delle bocche che si baciano con l'anima
dei desideri arditi
e delle verità scomode nude alla luce
dei nodi 
che allentati dal gran maneggiare diurno
tornano a stringere
La notte è un buon posto
per vedere quanto a volte sia il giorno
il meno illuminato

martedì 18 febbraio 2014

Destino


Destino, fato, sorte, caso, s\fortuna. Tanti nomi da poter attribuire alle cose che ci capitano o alle situazioni in cui ci troviamo nelle quali ci risulta difficile trovare il bandolo della matassa e raccapezzarcene.

Destino è nascere in una favela piuttosto che da Angelina Jolie, caso è veder estratto il proprio numero alla tombola, sorte è camminare sul marciapiede ed essere investiti da un'auto. Tutto il resto dipende da noi: dove siamo, con chi, come stiamo. C'è un filo che tessiamo ogni giorno della nostra vita ed è per questo che ne siamo i padroni e la conduciamo esattamente dove vogliamo, o comunque dove è normale che sia dopo il modo in cui l'abbiamo traghettata: ad occhi e mente aperti o alla cieca e a tentoni.

Lasciar perdere il destino e focalizzarsi sull'autodeterminazione di ciò che ci accade è forse l'unico modo per dare dignità a se stessi, un valore a quello con cui entriamo in contatto (fatti, persone), un punto di partenza per sollevarsi dalle circostanze che opprimono fuori o dentro, e in definitiva la speranza\constatazione di vedersi in un mondo proprio, vissuto e percepito via via in modo sempre migliore.

Ciò che conta è sentirsi ed essere artefici: di scelte, atti, conseguenze. Giudicarsi non per giudicare gli altri ma per saper giudicare cosa perseguire o trascurare, ciò che ci spetta e cosa no. Avanzare tenendosi per mano, la propria destra con la propria sinistra, consapevoli  che dove ci ritroveremo e quali altre mani stringeranno le nostre, dipende essenzialmente da noi e da quella capacità di giudizio.