giovedì 11 ottobre 2012

Giacometti L'homme qui marche

Nutrimento per il corpo

e nutrimento per lo spirito.


Tra  guardare un'opera d'arte su un libro e trovarvicisi vis à vis c'è una differenza sostanziale: nel primo caso la vedi, nel secondo la senti.

Giacometti. Averlo di fronte è la condicio sine qua non per coglierne la poetica. Nella scultura la sua maggior rappresentazione.


Figure emaciate, quasi inconsistenti, eppure così pesanti. Private di ogni forza vitale, rimane loro solamente quella tetra di trasmettere tutto il peso della realtà che le ha ridotte non più individui ma entità costrette a trascinare se stesse.


La vita... un'esperienza gravosa che nel suo procedere meticolosamente crudele, schiaccia, spazza, debilita, macera, consuma, scarnifica, fino a rubare per sempre l'anima e restituire soltanto spettri senza sguardo.

Nemmeno l'amara consolazione di un pacificatore annullamento totale che porti via con sé ogni segno. Tolto tutto tranne la consapevolezza aspra e dolorosa di ciò.

Sono opere "faticose" da guardare, quelle che mi hanno evocato di rimando sono immagini funeree di vita strappata: i cipressi di un cimitero, scheletri di alberi arsi dal fuoco. 



Quando si hanno delle inquietudini profonde nell'animo, alcune volte l'unico rimedio sembra essere riuscire ad esternarle in una forma concreta, è come se questo le placasse un po', le rendesse più leggibili ed affrontabili. 
Una qualche forma tangibile che si confaccia di più a noi stessi. Dipingere, scolpire, intagliare, ricamare, cantare, scrivere...

Qualsiasi forma d'espressione è già solo per questo un'opera d'arte: permette di uscire fuori da se stessi quando si sente il bisogno di prendere una boccata d'aria.



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