giovedì 16 maggio 2013

Mantello


Ne ho uno verde smeraldo con preservativo incorporato anti goccia, uno orribile d'emergenza buttato in macchina, uno arancio con arabeschi bianchi che fa molto: anche se è brutto qua sotto fa bello, un'altro con la stampa del bacio di Klimt e poi ne avevo anche uno supertecnologico con apertura e chiusura automatica sincronizzata coi battiti di ciglia, che ovviamente è quello che sono riuscita a perdere da qualche parte.

L'ombrello. Mi indispone, mi disorganizza le mani, quelle mi servono per gesticolare mentre parlo. Poi se è del tipo a ingombro minimo non ti ripara per un gazzo e allora che te ne fai, gli altri con una ragion d'essere o sei un saltatore con l'asta o non puoi essere avvezzo a maneggiare ordinatamente cotanta lunghezza.

Per cui vorrei un bel pastrano di quelli di una volta. Stamattina avevo una giacca col cappuccione e sono entrata in più posti possibili per fare il gesto di tirarlo giù e scoprire viso e chioma. Ma quanta romantichezza c'è in un mantello?!

Protegge da occhi indiscreti, rende misteriosi, ti può ghermire come quello di Nosferatu o può nascondere meravigliose fattezze di un Cappuccetto Gnocco. E' un capo d'abbigliamento che stimola l'immaginazione e richiama le favole, che sollucchero! Mi vien voglia di prendere un plaid dall'armadio e farci due buchi per gli occhi.

Per quanto riguarda l'ombrello, c'è abbastanza ammore per tutti, anche lui mi piace se è quello da passeggio, ne vorrei uno di quelli fatti all'uncinetto, epoca liberty. Se lo trovo giuro che d'estate lo uso!

Sono nata sbagliata, se rinasco vorrei essere partorita dalla penna di uno scrittore di fiabe, così volendo posso anche fare la volpe, che per una feticista come me delle code morbidose, sarebbe il massimo averne una tutta mia.    

P.S. Una mantella in mio possesso ce l'ho, ma non la uso manco al canile per non spaventare i cani.

mercoledì 15 maggio 2013

Thinking born walking in the rain


A volte si fanno ad altri domande di cui si conoscono già le risposte, perché certe risposte si sentono e basta, eppure la domanda si fa lo stesso. Più spesso riguarda quelle conclusioni che sono spiacevoli da pensare. E allora perché si domanda per avere anche una conferma? Masochismo? Probabilmente l'intento è proprio il contrario:  a domanda che già nasce spinosa (per il motivo stesso che l'ha fatta nascere), inconsciamente l'obiettivo è avere una risposta che magari si sa essere un po' fasulla però meno cruda, meno tassativa, da limbo insomma.

Sembra un meccanismo stupido perché limbo è sinonimo di qualcosa di stantio e il tempo va avanti, al massimo lascia te indietro, eppure è una strana strada che noi persone spesse volte percorriamo, quella di un masochismo di fatto anche se non di nome. Per la maggior parte di noi è quella più istintiva, questo può essere un fatto preoccupante.

Essenzialmente l'istinto, per qualunque essere vivente, è quello atavico di conservazione. Allora la questione nodale su cui iniziare a interrogarsi è su quale sia la "giusta" conservazione per il benessere psicofisico del complesso animale uomo.

Il cervello umano ha facoltà cognitive potenzialmente elevate ed esiste il libero arbitrio, ognuno dovrebbe, o semplicemente è libero, di porsi o non porsi domande sul senso, la qualità e la finalità della propria esistenza. Poi subentra un altro fattore: le singole esistenze sono collegate ad altre esistenze, siamo animali sociali; ed è forse in quest'ottica che le risposte che ognuno cerca e trova, o cerca e non trova, o non cerca proprio, rivelano la loro fondamentale importanza.

Il problema è riuscire a stabilire un contatto profondo e inscindibile con la sincerità. In primis la sincerità di quello che si è e di quali siano i propri desideri, e in secondo luogo la sincerità della trasmissione di ciò agli altri.

Penso che equilibrare e poter così seguire un sano e fecondo istinto di conservazione si possa fare solo partendo da un tale tipo di comunicazione intima e poi interpersonale. 


C'è tanta confusione, tanta frattura nelle persone e tra le persone, si creano pensieri e rapporti anarchici che portano dove? Tutti a inseguire la stabilità, ma quale? Situazioni a cazzo, cioè a caso, a cui si da per convenienza il nome di stabilità, quasi come se essa fosse una cosa che piove dal cielo mutuata da elaborazioni esterne già fatte da chissà chi e che non prevedono invece riflessioni profonde e impegnativi lavori su se stessi.

Dov'è che si riesce a respirare quel tranquillizzante senso di sincerità e verità di se stessi che permette di non perdersi dietro a cose inutili e concentrare le energie per una progressione verso qualcosa e qualcuno di veramente proficuo per sè, ossia per la vera stabilità?

E' una società di gente che perde tempo a prendersi in giro da sola e prendere in giro gli altri per paura delle conseguenze che il riconoscimento di ciò che si è e si vuole sinceramente, potrebbe causare.
Se capissi di te stesso di essere un velociraptor e scegliessi di vivere in base a questa consapevolezza, dovresti mettere in conto di scordarti il tè delle cinque in fattoria, però sarebbe bello che il successivo pensiero fosse: pazienza, non mi dispiacevano i racconti della mucca Gennarina, ma io sono un velociraptor e quindi nulla ha più valore per me di seminare il terrore, anche se comporta essere antipatico e ostracizzato da tanti. 

Forse si ha paura di sentirsi soli se non si riesce ad avere sempre intorno qualcuno che ci considera, e per avere questo si è disposti a presentarsi celandosi sotto ogni forma possibile. Come se la solitudine non venisse invece da un senso di vuoto che ci si porta sempre dietro per un'incognita interiore non risolta che sfocia nel non poter provare l'appagamento di circondarsi esclusivamente di chi ti fa sentire valorizzato per ciò che veramente sei e viceversa. Lo si sa, però da che parte si è girati e si vuol essere girati, tante volte mica si vuol far la fatica di chiederselo veramente, figuriamoci poi seguirlo fino in fondo.  

Sembra che i rapporti si preferisca costruirli sulla base di condivisione di debolezze, piuttosto che di punti di forza. Il tutto perchè abitualmente si sceglie sempre la minor "fatica", paradossalmente anche per ciò che invece, essendo la cosa più importante, richiederebbe maggior impegno per non incorrere in quelle delusioni che poi si rivelano le più dure.

Non si parte dal valutare attentamente e oggettivamente se stessi, nè dall'esprimerlo compiutamente, si avvicinano quelli che grossomodo tappano il proprio vuoto, e poi quando si affonda perchè la tenuta non era ermetica, non resta che fare a scaricabarile.
Tu accusi me di qualcosa, io tanto posso sempre rispondere accusando te di qualcos'altro. Mi dicono che sono una cattiva persona? Tanto c'è quell'altra che fa cose più cattive di me quindi io non sono poi tanto male.
Tutto per poter ricominciare da capo attraverso la via più facile invece di smantellare completamente il sistema per risolvere dall'origine il problema, se stessi.

Difficilmente il minuetto può cambiare, se non per pochi, perchè sono richieste ingenti risorse interiori per mettersi di fronte a un inflessibile specchio, e perchè la massa incute un timore reverenziale. 

La massa va sul pulpito a predicare bene perle di saggezza e virtù come se le avesse incarnate nel proprio DNA, o giù a lamentarsi come derelitta colpita da un fato crudele quando si ritrova con le tuberosità ischiatiche (culo) per terra perché c'è quel qualcosa che non va, la propria vita. Condivide pensieri da caro diario e critica il mondo storto che imperversa, quando ne è la prima cittadina onoraria. Il mondo storto non è quello che ti da uno schiaffo in faccia, è quello che quando te lo da poi nasconde la mano.

Chiediamocelo da dove nasce tutto sto stress postmoderno. Nasce perché siamo dei bambocci paurosi che non fanno introspezione prima di andare a piede libero nel mondo e che se anche la facciamo perchè va di moda, poi non scegliamo e abbiamo il coraggio di prenderci fino in fondo la responsabilità che ciò che abbiamo scoperto di noi, bello o brutto, richiederebbe, senza ma, senza se, senza però, senza eccezioni.

Allora, dato che son cose risapute, ma la pratica latita, chi non riesce a uscire dal circolo vizioso di se stesso e ciò gli comporta imperitura manifesta infelicità, inizi a drogarsi e pace.

sabato 11 maggio 2013

Ma anche no


Fingere&Finzione nuocciono gravemente alla salute. Esclusivamente di chi non ne è capace.

venerdì 3 maggio 2013

Metti una sera a cena


No comunque Romi, magari la prossima volta che mi inviti a casa tua con estranei, dammi due dritte su chi sono, giusto così, per evitarmi la figura della gnugna del villaggio.

Che poi non è che sia tenuta a conoscere chi popola il mondo calcio, almeno non fino a quando non mi proporranno la conduzione della Domenica Sportiva, ma almeno me evitavo de dì che se avessi avuto i femori più lunghi avrei fatto la velina e non il medico.

Lei: "A mio marito non piace andare in moto, gli fa un po' paura"
Lui: "Meglio, tanto per contratto non posso, così come andare a sciare, ecc..."
Io: "Ah, fai sport ANCHE tu?"
Lui: "Si"
Io: "A cosa giochi?"
Lui: "Calcio"

Romi: "Diana, lui è Mario Santana"
(Nella mia testa è subito partito un mixaggio di Corazon Espinado e Samba Pa Ti, ma quello mi ricordavo fosse Carlos)


Io: "Un altro aiutino"
Romi: "E' un giocatore del Torino"


Vabbè, tutto è bene quel che finisce bene e al di là di tutto, complimenti a Mario e Anto per la loro semplicità d'animo, quella si che è una qualità da campioni.

mercoledì 24 aprile 2013

Our Harlem Shake

Metti in un bel pomeriggio primaverile dei bambini di età complessiva anni 100, cosa ne può venir fuori?
Our Harlem Shake

P.S. Per reclami contro lo sfruttamento minorile e circonvenzione di incapace (me), rivolgersi a Mario Perotto.

martedì 23 aprile 2013

Diana Magnum


Dovrei procurarmi queste armi solo per il gusto di tirarle fuori, puntare e poter dire frasi topiche:
-Adesso ti dimostro che Diana non spara solo cazzate
-Io sono una che fa colpo
-Scommettiamo che anche se sono una donna ho palle d'acciaio? Anzi, pallini...
-Desidero che tu mi porti nel tuo cuore
Vabbè, me le tengo buone se mai mi proponessero una sceneggiatura a fianco di Chuck Norris.


Fantastico, c'è pure la versione Silver: potrei abbinarle con qualsiasi colore d'abito!

venerdì 19 aprile 2013

mercoledì 17 aprile 2013

C'è


" C'è quell'abbraccio latitante che sa togliere l'aria.
  C'è quell'abbraccio talmente forte che sa produrre lo stesso effetto.
  C'è infine quell'abbraccio più raro che, per forma e incastro, sa aprire la porta della libertà donandoti
  la sensazione di abbraccio col mondo.
  L'ultimo spesso è quello più temuto ed è per questo che molti soffocano rimanendo incastrati nel loop
  compiuto dai primi due. "
cit.Gianni

Spleen


« Bisogna sempre essere ubriachi. Tutto qui: è l'unico problema. Per non sentire l'orribile fardello del Tempo che vi spezza la schiena e vi tiene a terra, dovete ubriacarvi senza tregua. Ma di che cosa? Di vino, poesia o di virtù : come vi pare. Ma ubriacatevi. E se talvolta, sui gradini di un palazzo, sull'erba verde di un fosso, nella tetra solitudine della vostra stanza, vi risvegliate perché l’ebbrezza è diminuita o scomparsa, chiedete al vento, alle stelle, agli uccelli, all'orologio, a tutto ciò che fugge, a tutto ciò che geme, a tutto ciò che scorre, a tutto ciò che canta, a tutto ciò che parla, chiedete che ora è; e il vento, le onde, le stelle, gli uccelli, l'orologio, vi risponderanno: "È ora di ubriacarsi!" Per non essere gli schiavi martirizzati del Tempo, ubriacatevi, ubriacatevi sempre! Di vino, di poesia o di virtù, come vi pare. »
(C. Baudelaire, Lo Spleen di Parigi.)

sabato 13 aprile 2013

Jean Prouvé alla Pinacoteca Agnelli



Jean Prouvé, uno dei più significativi architetti e designer del XX secolo. 

Vocazione artigianale, a capo di una fabbrica modello di Nancy, nel secondo Dopoguerra contribuisce alla ricostruzione della Francia, sostenitore di progettazioni industriali facili: facili da montare, smontare, trasportare, economiche e versatili per i diversi usi e latitudini.


Un "tecnico" innanzitutto, e infatti le sue tavole e i suoi disegni mi hanno riportato indietro nei ricordi alle scuole medie, quando si disegnava per Educazione Tecnica. Ricerca assoluta della semplicità, anche se io la chiamerei più: chiarezza di struttura. Chiarezza nell'ideazione che mantiene la propria promessa intrinseca di tradursi in quella nella realizzazione. 


Così materiali semplici, anche di opposta origine, possono e devono convivere: l'acciaio lucido e sensuale col carnale cuoio, il distaccato PVC con l'avvolgente legno.


Maestro di una grammatica costruttiva che grazie ad un immediato impatto, comunica che per la nascita di un qualsiasi linguaggio strutturato, bisogna partire dal conoscere regole semplici e precise. Certe cose certi concetti, non conoscono tempo, perché rappresentano delle basi. Nell'architettura, nell'arte, nella vita. Se  determinate basi non si conoscono e non si hanno, difficile pensare di poter poi realizzare quei voli pindarici  che più sono audaci più nutrono occhi, corpo, spirito. Senza le basi risulterebbero solo incauti e sterili tentativi di una mal riuscita e patetica ricerca di distinzione e autocelebrazione.
Senza la capacità di creare un link, un feedback, ci si riduce a un mero e infecondo atto di masturbazione. 

Quali sono le basi? Sono racchiuse in due termini: armonia che genera armonizzazione.
Tavolo progettato appositamente per un "Mobile" di Calder


In quest'ottica è stato stimolante terminare il mio percorso con la collezione permanente della Pinacoteca: Canova, Canaletto, Bellotto, Matisse, Modigliani, Renoir, Picasso.





Sono passata da sponde apparentemente lontane... Apparentemente, perché c'è romanticismo in come la razionalità produce piacere rendendo tutto prontamente comprensibile e quindi assaporabile, e c'è razionalità in come una sensazione ti carpisce acutamente ed immediatamente come un assunto inconfutabile ed indubitabile.

C'è armonia e si può creare un discorso armonico tra tutto ciò che fluisce semplicemente, ma questo è esattamente il contrario di un discorso semplicistico. Si tratta di un ramificato ed esteso discorso di composizioni e di scomposizioni che avvengono dentro la propria mente ed eventualmente anche all'esterno. Il risultato: una costruzione. Interiore, esteriore, emozionale o pratica, uno straordinario cosmo di energie che sanno trasmettersi e generare energie di altri cosmi.

Leonardo docet: "La semplicità è la sofisticazione finale."

Godo.